Alla fine di giugno 2020 in El Salvador é iniziata una riapertura graduale e, sebbene con molte restrizioni, anche i nostri volontari sono finalmente potuti tornare al lavoro.
Già i primi giorni della riapertura, alcuni di loro, con tutte le precauzioni del caso, si sono recati subito nella zona marginale, per incontrare le persone e, parlando con loro, conoscere le nuove necessità di ciascuno.
Durante i mesi della chiusura, che in El Salvador sono stati da marzo a fine giugno 2020, siamo sempre rimasti in contatto con le persone ed in particolare con la signora Carolina, che è la sarta della zona. A lei abbiamo anche commissionato delle mascherine di tela, che stiamo acquistando più che altro per aiutarla a lavorare e guadagnare, così come al signore che guida l’autobus che accompagnava ogni giorno i bambini alla nostra scuola e con il quale abbiamo un contratto che si rinnova mensilmente, abbiamo deciso di continuare a pagarlo anche in questi mesi in cui non ha lavorato, per aiutarlo, non avendo guadagnato nulla in tutto questo tempo se non quel poco ricavato dal vendere qualche tortilla. Sono piccoli aiuti, ma che in realtà possono contribuire a sostenere un’intera famiglia.
La situazione sanitaria che abbiamo subito riscontrato è, come immaginavamo, molto complessa. Da una parte, fortunatamente, nessuno della zona si è ammalato, dall’altra dal punto di vista igienico la situazione è disastrosa, frutto sia delle piogge che in questo periodo hanno devastato il Paese, sia del dover restare rinchiusi in casa in spazi strettissimi.
Il primo intervento perciò che abbiamo deciso di fare è stato quello di donare ad ogni famiglia cibo, vestiti, medicine, giochi, materiale scolastico e quanto di altro avesse bisogno ogni nucleo familiare, basandoci anche sui colloqui che abbiamo avuto con loro e sulle loro richieste. Come nostro solito, non abbiamo dato un pacchetto di materiale anonimo, ma mirato alle necessità di ognuno e, distribuendoli in giornate diverse, abbiamo avuto ulteriore occasione di rivedere gradualmente una famiglia alla volta e passare un poco di tempo insieme a loro.
Ci sono molte altre necessità in questo momento, senza contare che con la riapertura graduale del Paese il rischio di contagio sta aumentando molto; ad esempio la mamma di una delle nostre ex studentesse, Rebecca, è stata licenziata dall’hotel dove faceva le pulizie e ora stiamo vedendo insieme a lei come fare in modo che l’università dove, con tanti sacrifici, Rebecca sta studiando, gli possa dare una proroga sui pagamenti o comunque di poterla aiutare noi con una borsa di studio.
Per meglio organizzare il lavoro di consegna di quanto necessario ad ogni famiglia, abbiamo allestito nella nostra sede una sala in cui raccogliamo tutte le donazioni e le suddividiamo per tipologia, per poter poi comporre i pacchi nominativi per ogni nucleo familiare.
Grazie alla conoscenza che abbiamo di queste persone ci è stato possibile donare loro ciò di cui effettivamente avevano bisogno, per ogni famiglia, comunque, c’è sempre uno scatolone di cibo e prodotti per l’igiene.
Questa, al momento, è infatti la necessità principale: dopo tutto questo tempo gli manca veramente il mangiare per ogni giorno e non lavorando non è facile per loro poterselo procurare. Inoltre, non avendo quanto necessario per comprare da mangiare, si può facilmente immaginare che quel poco che trovano non lo spendano per comprare prodotti per l’igiene, anche se adesso sono più che mai necessari. Gli diamo noi, quindi, disinfettanti, varechina, saponi, ecc. oltre che vestiti, medicine, materiale per la scuola e giocattoli a seconda dell’età dei loro bambini.
Ogni giorno si alternano nel lavoro moltissimi volontari, i quali, insieme a Yoko e Miriam che coordinano tutto questo, preparano i pacchi e si recano nella zona marginale per incontrare le persone e consegnare loro le donazioni, mettendo anche a repentaglio, nonostante le precauzioni che logicamente prendiamo, la propria salute.
Mentre affrontiamo queste prime necessità, stiamo zanche vedendo come continuare ad aiutare i bambini nei loro studi, perché dai loro racconti risulta spesso che con i pochi mezzi che hanno a disposizione non è facile per loro studiare da soli. In primis, quindi, abbiamo donato loro il materiale per studiare, visto che i bambini devono studiare da casa e spesso non hanno nemmeno un quaderno.
Ci stiamo organizzando anche per continuare con loro il sostegno nelle materie scolastiche, perché per ora la scuola ha dato loro delle schede del Ministero dell’Educazione da risolvere, ma da soli non sanno nemmeno da dove cominciare. La nostra maestra, Jhara, si sta quindi studiando una soluzione per vedere come poterli aiutare.
Al di la del cibo o delle donazioni, che pur sono molto importanti, ciò che risulta dall’incontro con le persone è il fatto che non si sentano sole, che sappiano che noi siamo ancora lì con loro e che li accompagniamo anche se fisicamente non possiamo vederci tutti i giorni.